Gli Ittiti. Alle origini del bioterrorismo
Nel corso dei secoli ricorrere all'utilizzo di malattie infettive per sconfiggere i propri nemici era una pratica di largo utilizzo presso molti popoli.
Durante il medioevo, ad esempio, venivano catapultati i cadaveri degli appestati dentro le mura nemiche, gli americani utilizzarono delle coperte infettate di vaiolo distribuendole ai pellirosse per indebolire la loro resistenza, mentre in Nuova Zelanda vennero inviate delle prostitute malate di sifilide allo scopo di sconfiggere i Maori.
Ma chi furono i primi veri “bioterroristi” della storia dell'umanità?
Secondo delle ricerche effettuate dal microbiologo italiano Siro Trevisanato furono gli Ittiti, il cui dominio si estendeva dall'attuale Turchia fino alla Siria settentrionale.
A farlo giungere a questa conclusione è stato l'accurato studio da lui condotto su alcuni antichissimi documenti mediorientali.
Il popolo ittita utilizzò come arma “batteriologica” delle pecore infette da tularemia, una micidiale infezione provocata dal batterio Francisella tularensis, che se non curata in tempo può provocare la morte anche ai nostri giorni.
In base alle ricerche di Trevisanato, questa terribile malattia si manifestò per la prima volta in Medio Oriente nel 1335 a.C. nella città libano-siriana di Samyra, città saccheggiata dagli Ittiti.
I quali portarono via, inconsapevolmente, anche alcuni animali affetti da questo morbo che infettarono a loro volta il resto del bestiame espandendo l'infezione su tutto il resto del territorio e dando vita, così, alla storicamente nota “piaga ittita”.
Intorno al 1325 a.C. gli Ittiti furono bersaglio di Arzawa, una città dell'Anatolia.
Secondo ciò che è riportato nei documenti studiati da Trevisanato fu proprio in quel periodo che ad Arzawa cominciarono a trovarsi per le strade alcuni montoni spuntati fuori dal nulla, che venivano regolarmente catturati e mangiati dagli abitanti che, ignari di tutto, vennero infettati dalla tularemia che si diffuse dentro la città mettendola in ginocchio e rendendola innocua agli Ittiti.
Siro Trevisanato spiega che il popolo ittita ebbe la brillante idea di infiltrare quel micidiale batterio tra i nemici utilizzando proprio i montoni come veicolo di contagio.
Ma se sia stata, oppure no, una strategia studiata e consapevole rimane un'incognita ancora tutta da chiarire.
Luigi M. C. Urso